venerdì 14 giugno 2013

Yasuke, il samurai africano



Questa proprio non la sapevo...qualche settimana fa sul web mi è capitato di leggere la storia di Yasuke (彌介), che servì per un certo periodo Oda Nobunaga (織田 信長), uno dei grandi signori della guerra.


Niente di strano, per quei tempi, se non che Yasuke, questo il suo nome giapponese, in realtà di giapponese aveva ben poco: era infatti originario dell'Africa. 

Come arrivò in Giappone alla fine del 1500 un africano? e soprattutto come entrò alle dipendenze addirittura di un signore della guerra?

Intanto una breve introduzione storica...siamo alla fine del Sengoku jidai (1467-1568) il periodo del paese in guerra, con questa dicitura si indica quel periodo storico del Giappone nel quale venuto meno il potere degli shogun si assiste all'avvento di "tante piccole Kyoto" (l'allora capitale) con in vari signori feudali (daimyō) che cercano in qualche modo di primeggiare.
Oda Nobunaga
Tra questi Oda Nobunaga, nato nella provincia dell’Owari, apparteneva alla numerosa schiera dei daimyō minori, nonostante ciò la posizione favorevole dei suoi domini, situati tra la provincia della capitale ed il Kantō, gli permise di non restare invischiato nelle lotte tra feudi e allo stesso tempo costruirsi una posizione solida nella sua provincia. 

Tra il 1551 ed il 1560, con una serie di campagne militari riuscì ad imporre il suo controllo sulla regione. Il suo esercito, benché di modeste dimensioni, si valeva dell’uso delle armi da fuoco di recente introduzione: fu grazie a questo e alla sua maestria che Nobunaga riuscì, in quegli anni, a sconfiggere il grande esercito di Imagawa Yoshimoto, che aveva cercato di raggiungere Kyōto passando nelle terre degli Oda. 
Raggiunta la posizione di daimyō di spicco, potente e temuto, Nobunaga nel 1568 riuscì ad intromettersi nella disputa per la nomina del XV shōgun Ashikaga, che vedeva contrapposti Ashikaga Yoshiaki (1537-1597) e Ashikaga Yoshihide (1540-1568), rispettivamente fratello e cugino del precedente shōgun, assassinato nel 1565.
Nobunaga sostenne Yoshiaki, e in quello stesso anno, lo condusse a Kyōto dove fu nominato shōgun dall’imperatore. 

Il condottiero, da quel momento si rivelò tuttavia un personaggio scomodo, rifiutando tutte le cariche offertegli per non farsi imbrigliare dalla autorità shogunale. 
Tra shōgun e daimyō si accese dunque una forte rivalità. 
Yoshiaki, per tutelarsi dall’invadenza del daimyō, cercò di costruirsi una base di potere autonomo, ad esempio riconfermando ai vari templi le proprietà terriere. 

Dal canto suo, Nobunaga minò la credibilità dello shōgun emanando, tra il 1569 ed il 1572, una serie di documenti politici che sottolineavano l’incapacità dello shōgun di governare il paese. 
In questi editti si limitava, inoltre, la presenza a corte dei monaci guerrieri (shoei), provenienti dal monte Hiei sede dell’Enryakuji, nonché la possibilità per lo shōgun di contattare i propri collaboratori. 

Lo shogunato Ashikaga, si estinse definitivamente nel 1573, anno in cui Yoshiaki si ritirò, non riuscendo più a far fronte agli attacchi politici di Nobunaga. 

Il problema dell’ingerenza dei monaci nella gestione politica, venne risolto dal condottiero in modo cruento; nel 1571, dopo una serie di schermaglie, cinse d’assedio l’Enryakuji e quindi lo mise a ferro e fuoco senza risparmiare neppure donne e bambini. Stessa sorte toccò ai monaci del tempio Hoganji, sede della potente setta Ikkō. 
Questa setta si era sviluppata nel corso del XV sec. fino a diventare una forza che contava seguaci in tutte le province. Nell’intervallo che va dal 1488 al 1580, la sua influenza nella vita politica della provincia fu notevole, e solo l’ aggressione di Nobunaga vi pose fine. 
L’abate del tempio Hoganji, aveva la possibilità di gestire l’attività dei numerosi seguaci anche fuori delle province direttamente controllate, fatto che gli garantiva un grande margine d’azione. 
Nobunaga pose fine all’attività dei monaci guerrieri, da quel momento in poi i religiosi non avranno più parte attiva nelle vicende politiche e militari, e si asterranno dall’uso delle armi. 
La lotta del daimyō contro i monasteri fu interrotta dalla sua morte, avvenuta per mano di uno dei suoi generali. 

L’obiettivo di Nobunaga era quello di unificare il paese, e per fare ciò doveva indebolire il più possibile gli altri daimyō. A tal fine, si prodigò per risollevare le sorti dell’aristocrazia di corte. 
Nei secoli precedenti, con la continua perdita di potere che aveva coinvolto la corte, questa si era trovata in condizioni d’estrema povertà, poiché nelle casse dello stato non confluivano più le imposte, destinate in parte al mantenimento del Tennō e dei kuge (famiglie aristocratiche).
Nobunaga, nel tentativo di risolvere, almeno in parte, la situazione, impose alla città di Kyōto il versamento di una tassa, espressamente rivolta al mantenimento della corte. 
Nonostante questo suo interessamento per le sorti della corte, egli rifiutò ostinatamente di identificarsi con la gerarchia imperiale, tanto è che assunse i poteri dello shōgun, senza tuttavia assumerne il titolo ufficialmente. 
È vero che in una prima fase della sua ascesa al potere accettò il lustro delle cariche ministeriali e gli onori conferiti dall’imperatore, tuttavia nel 1578, inaspettatamente, si dimise da ogni carica, arrivando nel 1582 a rifiutare il titolo di shōgun, che gli era stato offerto benché non fosse discendente della famiglia Minamoto. 

Nel 1582 Oda Nobunaga veniva ucciso a tradimento da un suo generale, Akechi Mitsuide. 

Dopo un breve periodo di lotte per la successione, tra i vari contendenti, prevalse Toyotomi Hideyoshi erede naturale di Nobunaga, che vendicò la morte del suo signore sconfiggendo Akechi, il quale fu detto perciò “lo shōgun dei dieci giorni” .

Proprio nel 1581, un anno prima della sua morte, le strade del grande condottiero e del servo Yasuke si incrociano. Yasuke, arrivò in Giappone nel 1579 come servo del gesuita Alessandro Valignano. 
Al loro arrivo nella capitale, nel marzo del 1581 la curiosità della popolazione per Yasuke fu tanta, pare addirittura che ci furono alcuni incidenti, poiché la gente si accalcava per poterlo vedere. Il clamore non sfuggì a Nobunaga che volle incontrare di persona questo personaggio misterioso. A suo giudizio la pelle doveva essere stata colorata artificialmente, così lo fece spogliare dalla cintola in sù e strofinare.
In seguito, dato che Yasuke parlava un po' di giapponese, Nobunaga, impressionato dalla sua forza, chiese al gesuita di lasciarlo con lui, quando questi abbandonò la regione.
Yasuke, da quel momento restò accanto al signore della guerra, trattato con ogni favore e nominato samurai.
Il sodalizio fu bruscamente interrotto l'anno successivo dalla morte di Nobunaga. Durante la battaglia, Yasuke combatté accanto ai suoi compagni e solo alla fine fu fatto prigioniero da Akechi. Quest'ultimo non giudicando di interesse la sua figura, anzi disprezzandolo, ma frenato dal fatto che Yasuke non fosse giapponese, decise di non ucciderlo ma di riconsegnarlo alla chiesa di Kyoto, con grande sollievo dei gesuiti, che erano in ansia per lui.
Da questo momento, Yasuke viene inghiottito nuovamente dalla storia...di lui rimane traccia nelle "Cronache di Nobunaga"(信長公記 Shinchōkōki) dove viene brevemente descritto l'incontro tra il condottiero e Yasuke: "il giorno 23 del secondo mese [23 marzo 1581] è giunto dai paesi cristiani un paggio nero (黒坊主 kuro-bōzu). Sembrava di età compresa tra i 26 e i 27 anni [24 o 25 secondo il calcolo occidentale]; tutto il suo corpo era nero come un bue. Era in salute e di bell'aspetto. Inoltre, la sua forza era superiore a quella di dieci uomini".

L'8 giugno 2013 nella trasmissione televisiva della TBS  『世界ふしぎ発見』(sekai fushigi hakken: più o meno "scoperta delle meraviglie del mondo) è stato ipotizzato che originariamente Yasuke si chiamasse Yasufe, nome molto diffuso tra la popolazione Makua del Mozambico, da dove si suppone che sia arrivato Yasuke nel XVI secolo.







martedì 21 maggio 2013

自動販売機 jidouhanbaiki, ovvero lo stile giapponese del "come vuoi, quando vuoi"

Sarà capitato a molti di voi, durante un viaggio in Giappone di notare quelle che io definisco "distese" di distributori automatici. Soprattutto nelle località turistiche, ad esempio a Kamakura (vd. foto), ci sono dei punti dove si possono trovare anche una decina di macchinette tutte affiancate, che offrono i più disparati servizi.
Kamakura - distesa di distributori automatici
La differenza tra un comune distributore automatico e la jidouhanbaiki sta proprio qui: non solo snack, caffè e bibite fredde, ma anche bevande in lattina calde, cibo, come ad esempio instant noodles, biancheria intima e perfino insetti vivi.
In tutto in Giappone se ne contano circa 265 milioni! Credo sia il paese al mondo con la più alta concentrazione di distributori automatici.

Una mole così grande di macchinette porta con sé non pochi problemi in ordine di consumo energetico ed inquinamento. Essendo attive 24 ore su 24, le jidouhanbaiki consumano molta corrente elettrica, che si somma al già strepitoso consumo di elettricità da parte del Giappone. Inoltre, per quanto riguarda i distributori di caffè e bevande calde (del tutto simili alle nostre) o quelli di cibo, si aggiunge a ciò un ingente quantità di rifiuti...bicchieri di carta e palettine, ma anche bottigliette di plastica e lattine. 

I lati positivi di questa abbondanza e varietà di distributori automatici sono che ovviamente a qualsiasi ora e in qualsiasi posto possiamo avere più o meno tutto ciò che desideriamo e come lo desideriamo. Accanto ai classici distributori di biglietti, gli ATM, i parchimetri, troviamo i distributori di bevande, calde e fredde. Tra le varie funzioni, come del resto in quelli occidentali, c'è la possibilità di aggiungere o togliere lo zucchero, ma anche di aggiungere o togliere il ghiaccio. Inoltre, cosa che io trovo molto carina e utile, anche per le bevande in lattina (si parla ovviamente di tè o caffè) è possibile selezionare la modalità caldo-freddo...una vera manna, nelle giornate fredde! Se a questo sommiamo la possibilità di effettuare le operazioni in assoluta autonomia e senza doversi rivolgere agli sconosciuti (cosa che a quanto pare soprattutto fra i giovani giapponesi sta diventando una consuetudine), ecco spiegato il proliferare del fenomeno. Per i distributori che vendono tabacchi, dato che è vietato fumare per i minori di 20 anni, è previsto l'utilizzo di una card chiamata TASPO (たばこのパスポート tabako no pasupōto, ossia passaporto per sigarette) che ha memorizzati al suo interno i dati relativi all'età del possessore. Inoltre può essere usata come una sorta di carta prepagata, lasciando all'utente la possibilità di scegliere se pagare in contanti o meno.

Vi consiglio di consumare la vostra bevanda o snack in prossimità del distributore stesso: ho constatato a mie spese che non sono molto diffusi i cestini per la raccolta dei rifiuti. Si trovano agevolmente in prossimità del distributore di turno, ma poi nulla. Perciò in alternativa dovrete, come facevamo noi, portarvi dietro la bustina per i rifiuti :) il che non è molto comodo...dato che a volte soprattutto le lattine in borsa lasciano il ricordino :). Altrimenti, non lasciatevi sfuggire il successivo distributore automatico, accanto al quale troverete di sicuro il bidone per i rifiuti.
Naturalmente, non aspettatevi di trovare rifiuti per strada, non è proprio nelle corde dei giapponesi...ora che ci penso, la prossima volta che vedo il prof dovrò chiedergli: ma i giapponesi, dove gettano i rifiuti quando sono fuori casa? 
ma questa è un'altra storia...


Tutto quello che vi serve sapere per utilizzare una jidouhanbaiki (bevande calde/fredde):

あつい/あたたかい (atsui/atatakai)= caldo (targhetta rossa)
つめたい (tsumetai) = freddo (targhetta blu)
さとう (satou) = zucchero
ミルク (miruku) = latte
こおり (koori ) = ghiaccio

è possibile inoltre aumentare o diminuire a seconda dei propri gusti la quantità di zucchero e latte oppure escluderli del tutto (si parla ovviamente dei distributori di bevande sfuse):

なし (nashi) = senza
少ない (sukunai) = poco
多い (ooi) = molto

per il resto, icone e frecce vi guideranno agevolmente all'acquisto...


giovedì 16 maggio 2013

La natura nella musica

Recentemente, ho assistito ad un seminario molto interessante sulla musica tradizionale giapponese.
A parte la carrellata storica dalle origini fino alle porte della modernità, la cosa che mi ha colpito di più è stato il fatto che ancora una volta un aspetto culturale giapponese è risultato fortemente influenzato dalla natura.
I giapponesi hanno sempre avuto un rapporto molto stretto con la natura: non dimentichiamo che la religione autoctona del Giappone, lo Shintoismo è una religione di tipo animistico ossia i suoi kami (approssimativamente traducibile con "dei") sono presenti nella natura, in forma di rocce, fiumi, laghi e quant'altro.
Tutto questo nel mondo musicale tradizionale, si è tradotto con la ricerca costante di suoni sporchi (credo si possa dire così), non perfetti...sempre diversi, ad imitazione dei suoni della natura. Effetto ottenuto attraverso l'uso di strumenti molto semplici e del controllo della voce.
In questa prospettiva, ossia del voler il più possibile dotare di spontaneità l'esecuzione musicale, da secoli, nelle scuole di musica "classica" la trasmissione avviene per via rigorosamente orale, con l'allievo che impara nelle prime lezioni semplicemente ascoltando. Solo in un secondo momento, avviene l'approccio con lo strumento, imitando il maestro. Nel teatro Kabuki (sviluppatosi nel periodo Edo), l'orchestra suona senza direttore d'orchestra, figura non prevista. Il risultato è l'armonioso amalgamarsi di musica, danze e canto.

Qui di seguito propongo una breve panoramica degli strumenti tipici del teatro Kabuki...poiché  trovo impossibile spiegare a parole le sonorità che producono, ho aggiunto dei video. Provate a lasciarvi trasportare dalla musica, dai suoni. Ascoltare questa musica mi fa rilassare tantissimo...se chiudo gli occhi mi sembra di sentire dell'acqua che gocciola, il vento tra gli alberi o un fiume che scorre in lontananza. Il canto di un uccello sconosciuto. Non sembra anche a voi?

Shakuhachi ("otto suoni" 尺八): è un  flauto di bambù venuto in voga durante il periodo Edo (1600 - 1867), costituito da una semplice canna di bambù con quattro fori sul davanti e uno sul retro. In realtà questo flauto produce ben più di otto suoni ed è capace di produrre una serie suoni sporchi che lo rendono così speciale. La nota non è mai uguale e lineare, ed è ben udibile il soffiare del musicista, come a voler imitare il soffiare della brezza.



Altri strumenti tipici sono lo shamisen e il koto
Lo shamisen (三味線) è una chitarra a tre corde. Il musicista si serve per suonarla del bachi, ossia il plettro: la combinazione di dita e bachi contribuisce a produrre la gamma di suoni tipici dello shamisen. Sembrerebbe uno strumento originario di Okinawa e tradizionalmente costruito in legno rivestito di pelle.  


Infine, abbiamo il koto (箏), particolarissimo strumento anch'esso a corda. Il koto si presenta come una sorta di chitarra-arpa orizzontale. Munito di tredici corde rigorosamente di seta, è inoltre dotato di un sistema di ponticelli mobili che permette un'ampia varietà di accordature. Viene tradizionalmente suonato "a pizzico" con l'ausilio di tre piccoli plettri fissati su pollice indice ed il medio della mano destra, mentre con la sinistra, muovendo opportunamente le corde, si ottengono abbellimenti dei suoni.
Anche in questo caso, tutti questi accorgimenti sono volti alla costante ricerca di una somiglianza coi suoni della natura, con la sua varietà infinita di suoni e ritmi.



Ma anche in contesti più attuali, la musica giapponese continua a presentare questa tendenza verso l'imperfezione della natura. Originatosi nei primi anni del '900 come manifesto politico, il genere Enka, stile musicale cantato, nonostante le sonorità sempre più occidentali, ancora oggi è caratterizzato dall'uso particolare della voce da parte dei cantanti. Con variazioni che alle orecchie occidentali possono a volte quasi far pensare a stonature, riescono ancora una volta a riprodurre sfumature indefinite sempre in accordo con lo spirito musicale giapponese.

Per concludere, la combinazione di strumenti che mi ha colpito di più: il fue (笛) con lo tsuzumi  (鼓).
Si tratta di uno strumento a fiato e di uno a percussione. La particolarità dell'esecuzione è che i due musicisti suonano improvvisando, completando uno i silenzi dell'altro in una sorta di disposizione dei suoni nello spazio. L'effetto è molto suggestivo e ancora una volta è forte il richiamo a sonorità naturali.



mercoledì 15 maggio 2013

Nel paese delle meraviglie di Saru

私がこの世でいちばん好きな場所は台所だと思う。

Non c'è posto al mondo che io ami più della cucina.

Inizia così uno dei miei romanzi preferiti, Kitchen di Yoshimoto Banana. 
Per me, quel luogo speciale è il Giappone. 
Non saprei dire com'è iniziata, un po' per caso immagino, come per tante altre persone. Da semplice curiosità, l'interesse per il Paese del Sol Levante è diventata quasi una malattia che mi ha spinto negli anni a compiere scelte forse agli occhi di molti incomprensibili, ma per me più che giustificate.
Si sente spesso parlare di "mal d'Africa" ...beh, io ho scoperto che esiste il "mal d'Asia" che per me è più un "mal del Giappone". Ma perché parlare di male? In realtà mi entusiasma tutto ciò che riguarda la cultura nipponica. Sono ben consapevole che non v'è rosa senza spine...e il Giappone ne ha tante, come tutti gli altri paesi del resto. Ma fa parte dell'innamoramento...il Giappone senza i suoi "lati negativi" non sarebbe quello che è e che mi affascina.

Japan at first sight - Narita International Airport
Quando nel 2009 sono riuscita a metterci piede per la prima volta, l'emozione è stata tanta...tutto quello che avevo sempre immaginato tramite i racconti dei miei prof giapponesi e italiani, saggi, romanzi, manga, film, resoconti di altri fortunati viaggiatori era lì davanti a me...ed era esattamente meraviglioso come mi era sembrato. 
Spero di poterci ritornare presto, la nostalgia è davvero tanta.
Intanto, la ricerca continua...non sono ancora arrivata alla meta, perché forse una meta in realtà non c'è. Mi godo il viaggio, siete tutti i benvenuti ^_^

それでは、
a presto...


私がこの世でいちばん好きな場所は台所だと思う。

The place I like best in this world is the kitchen.



So begins one of my favorite novels, Kitchen by Banana Yoshimoto.
For me, that special place is Japan.
I do not know how it all started, a little by chance I guess, as for so many other people. From simple curiosity, interest in the Land of the Rising Sun has become almost a disease that has pushed me over the years to make choices, that maybe sounded incomprehensible to all. 
We often hear of "mal d'Afrique" ... well, I have discovered that there is a "mal d'Asie", that for me is more like some kind of saudade of Japan. But there is nothing really bad in that...actually excites me everything about the Japanese culture. I am well conscious that every rose has its thorn ... and Japan has many, like all other countries after all. But it's part of being in love ... Japan without its "downsides" would not be what it is and that fascinates me.


When in 2009 for the first time I went in Japan, the excitement was so great ... everything I had always imagined through the stories of my Japanese and Italian teachers, essays, novels, manga, film, stories of other lucky travelers...was there in front of me... and it was exactly as wonderful as it seemed.
I hope to be back soon, nostalgia is really great.
Meanwhile, the search continues ... have not yet reached the goal, perhaps because there really is not a destination. I enjoy the journey, you are all welcome ^ _ ^

それでは、
see you soon