giovedì 16 maggio 2013

La natura nella musica

Recentemente, ho assistito ad un seminario molto interessante sulla musica tradizionale giapponese.
A parte la carrellata storica dalle origini fino alle porte della modernità, la cosa che mi ha colpito di più è stato il fatto che ancora una volta un aspetto culturale giapponese è risultato fortemente influenzato dalla natura.
I giapponesi hanno sempre avuto un rapporto molto stretto con la natura: non dimentichiamo che la religione autoctona del Giappone, lo Shintoismo è una religione di tipo animistico ossia i suoi kami (approssimativamente traducibile con "dei") sono presenti nella natura, in forma di rocce, fiumi, laghi e quant'altro.
Tutto questo nel mondo musicale tradizionale, si è tradotto con la ricerca costante di suoni sporchi (credo si possa dire così), non perfetti...sempre diversi, ad imitazione dei suoni della natura. Effetto ottenuto attraverso l'uso di strumenti molto semplici e del controllo della voce.
In questa prospettiva, ossia del voler il più possibile dotare di spontaneità l'esecuzione musicale, da secoli, nelle scuole di musica "classica" la trasmissione avviene per via rigorosamente orale, con l'allievo che impara nelle prime lezioni semplicemente ascoltando. Solo in un secondo momento, avviene l'approccio con lo strumento, imitando il maestro. Nel teatro Kabuki (sviluppatosi nel periodo Edo), l'orchestra suona senza direttore d'orchestra, figura non prevista. Il risultato è l'armonioso amalgamarsi di musica, danze e canto.

Qui di seguito propongo una breve panoramica degli strumenti tipici del teatro Kabuki...poiché  trovo impossibile spiegare a parole le sonorità che producono, ho aggiunto dei video. Provate a lasciarvi trasportare dalla musica, dai suoni. Ascoltare questa musica mi fa rilassare tantissimo...se chiudo gli occhi mi sembra di sentire dell'acqua che gocciola, il vento tra gli alberi o un fiume che scorre in lontananza. Il canto di un uccello sconosciuto. Non sembra anche a voi?

Shakuhachi ("otto suoni" 尺八): è un  flauto di bambù venuto in voga durante il periodo Edo (1600 - 1867), costituito da una semplice canna di bambù con quattro fori sul davanti e uno sul retro. In realtà questo flauto produce ben più di otto suoni ed è capace di produrre una serie suoni sporchi che lo rendono così speciale. La nota non è mai uguale e lineare, ed è ben udibile il soffiare del musicista, come a voler imitare il soffiare della brezza.



Altri strumenti tipici sono lo shamisen e il koto
Lo shamisen (三味線) è una chitarra a tre corde. Il musicista si serve per suonarla del bachi, ossia il plettro: la combinazione di dita e bachi contribuisce a produrre la gamma di suoni tipici dello shamisen. Sembrerebbe uno strumento originario di Okinawa e tradizionalmente costruito in legno rivestito di pelle.  


Infine, abbiamo il koto (箏), particolarissimo strumento anch'esso a corda. Il koto si presenta come una sorta di chitarra-arpa orizzontale. Munito di tredici corde rigorosamente di seta, è inoltre dotato di un sistema di ponticelli mobili che permette un'ampia varietà di accordature. Viene tradizionalmente suonato "a pizzico" con l'ausilio di tre piccoli plettri fissati su pollice indice ed il medio della mano destra, mentre con la sinistra, muovendo opportunamente le corde, si ottengono abbellimenti dei suoni.
Anche in questo caso, tutti questi accorgimenti sono volti alla costante ricerca di una somiglianza coi suoni della natura, con la sua varietà infinita di suoni e ritmi.



Ma anche in contesti più attuali, la musica giapponese continua a presentare questa tendenza verso l'imperfezione della natura. Originatosi nei primi anni del '900 come manifesto politico, il genere Enka, stile musicale cantato, nonostante le sonorità sempre più occidentali, ancora oggi è caratterizzato dall'uso particolare della voce da parte dei cantanti. Con variazioni che alle orecchie occidentali possono a volte quasi far pensare a stonature, riescono ancora una volta a riprodurre sfumature indefinite sempre in accordo con lo spirito musicale giapponese.

Per concludere, la combinazione di strumenti che mi ha colpito di più: il fue (笛) con lo tsuzumi  (鼓).
Si tratta di uno strumento a fiato e di uno a percussione. La particolarità dell'esecuzione è che i due musicisti suonano improvvisando, completando uno i silenzi dell'altro in una sorta di disposizione dei suoni nello spazio. L'effetto è molto suggestivo e ancora una volta è forte il richiamo a sonorità naturali.



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